Oggi ritorniamo a parlare di lingua sarda.
Ma invece che farlo noi, preferisco dar voce ad una persona che espone l'argomento in modo migliore, decisamente migliore rispetto a quanto avremmo potuto fare noi.
Un'esposizione talmente curata nei dettagli e espressione di una grande preparazione sul tema che credo sia obbligatorio lasciare la parola semplicemente al signor Massiliano Rosa (qui il suo account Facebook per chi volesse approfondirne la conoscenza).
L'articolo si intitola:
LA LINGUA SARDA
La lingua sarda nasce nel tempo, ed alla sua formazione contribuiscono le lingue delle diverse popolazioni che arrivano sull'isola.
Prima di parlare di come si è venuto a sviluppare nel tempo il sardo, va fatta una precisazione: il sardo non è un dialetto dell'Italiano ma è una lingua del tutto diversa.
Questo è attestato dalla presenza di un alfabeto diverso, di vocaboli assolutamente unici, di una diversa grammatica e sintassi.
Tutte peculiarità della sua storia, conservate nel tempo grazie all'isolamento geografico.
Ma lo dimostrano soprattutto numerose ricerche tra le quali ne voglio ricordare una, di molti anni fa, nel corso della quale si verificò come un qualsiasi straniero che avesse studiato e conoscesse perfettamente la lingua italiana, usasse il dieci per cento dei vocaboli utilizzati da un italiano a pari livello culturale. E si verificò come una persona nata in Sardegna avesse il vocabolario limitato di qualsiasi altro straniero.
Si noti che persino Dante Alighieri, nel suo «De vulgari eloquentia», scritto tra il 1303 ed il 1305, parla della lingua sarda e considera criticamente i Sardi, ritenendoli a rigore non italici, in quanto, a parer suo, non parlerebbero il volgare, imitando e scimmiottando, invece, il latino, come è dimostrato dall'utilizzo di termini come, ad esempio, domus nova e dominus meus.
Successivamente, quando il sardo ha cessato di essere la lingua madre per le generazioni nate a partire dagli anni '60, anche le sue strutture grammaticali hanno subito numerose modifiche, verso quelle dell'italiano.
Il contatto linguistico ha prodotto tutta una serie di risultati intermedi fra le due lingue originarie, tipici di una situazione di bilinguismo con diglossia, ossia con la presenza di due lingue differenziate funzionalmente, delle quali una è utilizzata solo in ambito formale e la seconda in ambito informale.
Lo dimostra anche il fatto che in Sardegna non si parla l'italiano corretto ma l'Italiano regionale sardo, che se ne differenzia sia sotto l'aspetto sintattico, che sotto quello grammaticale e fonetico.
I filoni linguistici.
Nella lingua sarda possiamo distinguere due grandi filoni linguistici, che corrispondono a differenze antropologiche tra gli storici due capi della Sardegna: Cabu 'e Susu, ossia il Capo di Sopra, e Cabu 'e Josso, ossia il Capo di Sotto.
Si tratta di due filoni:
Il Logudorese, che viene parlato nel centro-nord dell'isola, che costituisce il tipo più caratteristico e conservativo,comprendente le parlate del Logudoro.
Il Campidanese, che viene parlato nel sud dell'isola.
Mentre il Nuorese e il Logudorese sono le lingue che meno di ogni altra hanno subito le influenze continentali, il Campidanese, pur conservando i tratti caratteristici del Sardo, si avvicina di più ai dialetti italiani di tipo centro meridionale.
Una variante del Logudorese è:
Il Nuorese, che viene parlato, oltre che a Nuoro, in tutto il centro dell'isola e nel Goceano, che, si caratterizza per maggiore arcaicità e purezza rispetto al logudorese comune, e per questo motivo viene talvolta trattato come una variante linguistica autonoma.
Dal Logudorese, modificato con influenze pisane e genovesi, derivano:
Il Gallurese, che viene parlato nella parte nord orientale dell'isola, particolarmente affine ai dialetti del sud della Corsica, e conosciuto dai linguisti col nome di corso-gallurese.
Il Sassarese, che viene parlato nella città di Sassari e nei suoi dintorni, che ha subito l'influenza continentale di tipo toscano,
ma si è sviluppato in un substrato simile a quello Sardo.
L 'altra varietà oggigiorno riconosciuta e' l'Arborense o limba de Mesania o de intremesu ossia la varietà dell'Anfizona di Isaia Ascoli, della zona grigia del Bottiglioni parlato da circa 60 centri alla latitudine mediana e che da Cabras via Seneghe Ghilarza Sedilo Samugheo Busachi Austis Tiana Tonara Desulo arriva fino ad Urzulei e Baunei.
I dialetti Gallurese e Sassarese di tipo corso, appartengono linguisticamente al gruppo dei dialetti italiani, e non sono dunque, a rigore, linguisticamente ascrivibili alla lingua sarda, se non geograficamente e per varie influenze lessicali.
Altre parlate sono presenti in alcune piccole comunità locali a causa dell'origine esterna della popolazione in esse vive:
L'Algherese che viene parlato ad Alghero, che può essere visto come un dialetto della lingua Catalana.
Il Tabarchino, che viene parlato a Carloforte e Calasetta, una parlata tipicamente ligure essendo originari di Pegli i pescatori rapiti dai pirati tunisini e tenuti in schiavitù a Tabarka, un villaggio costiero della Tunisia, liberati al tempo di Carlo Emanuele III e trasferiti in queste località, dove fondarono la città chiamata Carloforte in suo onore.
L' Arborese, derivato dal veneto, che viene parlato dalla popolazione contadina trasferita nell'isola dopo le bonifiche del periodo fascista.
L' Arromanisca, termine con il quale, in Campidanese, viene chiamata l'Arbareska, ossia il Romanisku o Pavela romaniska, che
è il dialetto dei ramai venditori ambulanti di origine zingara, che si erano insediati nella zona di Isili, nel Sarcidano.
Questo dialetto è tuttora parlato da pochi individui ed è in via di estinzione.
Come tutte le lingue anche il sardo ha i suoi dialetti, che creano differenze notevoli da una località all'altra, anche all'interno del medesimo filone linguistico.
L'origine della lingua sarda.
La lingua sarda risente dell'influenza delle diverse popolazioni che sono arrivate nel tempo sull'isola. Nulla si sa della lingua dei nuragici, le prime evidenze risalgono al periodo dei Shardana.
La Lingua dei Shardana, popolazione presumibilmente sumerica, risale al periodo in cui la lingua sumerica si mescola con quella accadica.
Ad esempio, come ci ricorda Leonardo Melis, il sumerico Dun (padrone, ossia chi detiene il potere) diviene in accadico Danu (potente) ed in Sardegna Dan; la zappa in sumerico è Mar, in accadico Marru ed in Sardegna Marra.
Della lingua dei Shardana rimangono le maggiori tracce soprattutto nel Campidanese, in particolar modo nella parlata del Campidano interno e della Marmilla-Trexenta.
Nel Campidanese vengono ancora usati i termini mamai e babai ad indicare il padre o babbo (stessa radice), i termini nannai o nonnoi o mannai ad indicare il nonno, pipiu ad indicare il bambino, ecc.
Restano anche numerosi termini nella toponomastica: Muristene (luogo dei pellegrini) diventa Monastir, Samash (il Dio del Sole) diventa Samassi, Ollasta Brana-Jara diventa Albagiara, Nur-Adda (Luce di Dio) diventa Nurallao, Bau Padri (grande guado) diventa Baradili, Macu-Mere (città del Signore) diventa Macomer, Bona Catu (buon ritrovo) diventa Bonarcado, Arbarea (paludosa) diventa Arborea, Mar-Middha (acquitrino) diventa Marmilla, Margangioni (mucchio di sassi) diventa Morgongiori, Abas (acque) diventa Ales, Babai San dan (padre sardo) diventa Abbasanta, ecc.
Della Lingua dei Fenici restano pochi termini. Viene comunemente ritenuta di origine fenicia la famosa stele di Nora, oggi esposta al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Dopo i Fenici in Sardegna arrivarono i Cartaginesi, i quali non riuscirono mai a conquistarla del tutto.
Tuttavia si insediarono presso i migliori approdi e gli scali commerciali più importanti, diffondendo il loro idioma che rimase vivo anche in periodo romano. Si ritiene che in Sardegna siano state presenti anche alcune colonie greche, soprattutto sulla costa nord-orientale, tra queste probabilmente Olbia (nome greco significante Felice).
L'influenza del latino genera il sardo, che ancor oggi costituisce la principale lingua romanza. Agli inizi dell'occupazione romana nell'isola si parlavano tre idiomi: punico, sardo, latino.
Quest'ultimo si diffuse in breve tempo nelle zone costiere e nelle città, mentre nelle zone interne la diffusione incontrò notevoli ostacoli, poiché in quei luoghi si continuò a parlare il sardo. Tuttavia il latino, essendo la lingua ufficiale della chiesa, si è successivamente imposto, soprattutto nella Barbagia, dopo la conversione del Capo barbaricino Ospitone.
La lingua sarda che è arrivata sino a noi, Sa Limba, ha cominciato ad essere parlata dopo la caduta dell'Impero Romano.
Appartiene alla famiglia delle lingue romanze, dal latino Romanice loqui, o neolatine, famiglia che comprende anche l'italiano, il francese, lo spagnolo, il catalano, il portoghese e il rumeno.
La sua forma più pura è il Logudorese, in particolare il Logudorese di Nuoro, ossia il Nuorese. Ai tempi di Giulio Cesare, un cittadino romano, prima di partire per un breve viaggio, avrebbe molto probabilmente chiesto alla moglie di preparargli una bisaccia dicendo: «pone mihi tres panes in bertula», ed esattamente la stessa frase viene attualmente, ancora oggi, utilizzata in lingua sarda, per chiedere la stessa cosa.
E molte tracce del latino si trovano, ancor oggi, nella parlata comune. Ad esempio, per la parola cuocere viene usata la latina Coghere; il vento viene chiamato Bentu, dal latino Ventum; il giorno viene chiamato Die, dal latino Dies; ecc.
Tracce anche nella toponomastica: ricordiamo Domus de Maria, Domusnovas, Fordongianus da Forum Traiani, l'isola di Malu Bentu ossia del vento cattivo.
Proprio per la sua peculiarità il sardo è oggetto di accurati studi linguistici, che hanno contribuito a rendere più comprensibile l'evoluzione dal latino al volgare.
Si trovano, in Sardegna, diverse parole derivanti dal periodo di presenza bizantina sull'isola.
Durante questo periodo, la chiesa godette di forte autorità al punto che furono dedicati numerosi templi a Santi greci, come Santa Agata, San Saturno, Santa Barbara, San Sergio, San Bacco e soprattutto San Giorgio.
I nomi di questi Santi entrarono poi nell'onomastica popolare in uso ancora oggi, come Basilio, Sofia e Greca, accanto ad altre forme oramai scomparse o quasi, come Torchitorio, Salusio, Comita, Zerchi, Nispella, etc.
L'influenza bizantina si rileva anche nelle numerose chiese sparse per tutta l'isola.
Di origine araba è il nome di Arbatax, che significa quattordicesimo e che stava probabilmente ad indicare la quattordicesima torre costiera d'avvistamento.
Alla fine del periodo Giudicale, l'arrivo di pisani e genovesi portò in Sardegna l'uso dell'Italiano, dato che molti operai vennero dalla Toscana per costruire chiese, monasteri, Castelli e torri.
La dominazione catalana prima e spagnola poi, durata oltre 350 anni, ha avuto notevole influenza sulla lingua sarda. Per decisione delle corti generali, furono tradotti in catalano gli statuti di Iglesias, Bosa, e Sassari. L'uso del catalano è proseguito anche dopo l'unificazione delle Corone d'Aragona e di Castiglia, tanto che furono pubblicati ancora in catalano gli editti del viceré. Lo spagnolo, ovverosia il castigliano, come lingua ufficiale, soppiantò il catalano solo all'inizio del diciottesimo secolo, e fu usato negli atti pubblici fino al 1780 e oltre. Molti i termini derivati dalla lingua spagnola, come il nome delle catene montuose denominate serre, dallo spagnolo serra che indica la sega, a descrivere il profilo seghettato della montagna.
Il termine castigliano retablo, con il quale viene indicata una tavola pittorica disposta dietro l'altare, nome che deriva dal latino retro tabula altaris. Oppure il termine ventana ad indicare la finestra, ogu ad indicare l'occhio, etc.
Il diciottesimo secolo segna il passaggio della Sardegna al dominio piemontese e per la prima metà del secolo permane una situazione bilingue. Il sardo convive accanto allo spagnolo, mentre i nobili Piemontesi prediligono utilizzare nei loro rapporti il francese.
Il rispetto per la lingua sarda continua anche nell'800, ma si fa più invasiva la diffusione dell'italiano.
Con l'unità d'Italia, dopo il 1861, la lingua italiana diventa sempre più ufficiale, pur convivendo ancora con il sardo che resta comunque ancora assai diffuso, sia nei ceti umili che in quelli della borghesia.
A partire dal '900 l'uso dell'italiano si diffonde, fino ad arrivare, in periodo fascista, alla proibizione assoluta dell'uso del sardo.
Vengono così eliminati nella toponomastica locale molti termini Sardi, coniandone di nuovi, in alcuni casi dando luogo a vere e proprie storpiature derivate da errate e superficiali traduzione dei cartografi italiani.
L'isola Sin-Ara, che indicava il tempio del Dio Sin, è stato tradotto in Asinara; l'isola del Malu Bentu, ossia del vento cattivo, diventa l'isola di Mal di Ventre; l'isola del Kavuru, ossia del granchio, diventa l'isola dei Cavoli.
E così via.
La lingua parlata e la lingua scritta.
Nella lingua parlata si rileva un'origine comune, mentre nella lingua scritta non esiste una grafia standard, essendo presenti due diverse tradizioni grafiche: da una lato il Logudorese, dall'altro il Campidanese fondato sul «Saggio di grammatica sul dialetto sardo meridionale» del 1811 di Vincenzo Porru.
Nel sardo sono presenti suoni assenti nel latino e nelle altre lingue neolatine.
La consonante d ha una sonorità cacuminale che in Logudoro un prete, Pedru Casu, trascrisse come dh, mentre in Campidano un altro prete, il canonico Bissenti Porru, preferì scrivere dd.
Un altro suono presente nella lingua sarda è simile a quello che il francese rende con la lettera j, come in jour (giorno). Nel Logudorese quel suono viene trascritto con la lettera j, ad esempio nella parola ruju (rosso), una jod semiconsonante o semivocale, mentre in campidanese quel suono è reso dalla lettera x, ad esempio è presente nel nome del più importante complesso nuragico chiamato Su Nuraxi, che si legge come se fosse scritto in francese Su Nuraji, con la j del francese jour.
La j è infatti la lettera che rende quel suono nel sardo meridionale.
Per concludere, la principale differenza ortografica fra il sardo settentrionale e il sardo meridionale si è concretizzata in quel dh o dd per il suono cacuminale della d, e in quella j ovvero x per il suono assimilabile a quella della parola francese jour.
E per le sequenze verbali che in logudorese sono mantenute latine.
E per l'uso delle velari latine in logudoresu e arborensu che gradatamente spostandosi verso sud diventano palatali o scompaiono come suoni gutturali.
La rivalutazione ed il riconoscimento della lingua sarda.
I documenti medioevali in lingua sarda non sono numerosi. Tra i più importanti e antichi abbiamo: le Carte Campidanesi dell'undicesimo secolo; la Carta de Logu promulgata da Eleonora d'Arborea nel quattordicesimo secolo; i «Contaghi», ossia i registri con gli atti che attestano i negozi giuridici; e i Condaghi, che rappresentano i registri che raccolgono gli atti che attestano un negozio giuridico.
All'ecclesiastico Giovanni Spano, nato a Ploaghe, si devono due opere fondamentali: «Ortografia sarda e nazionale, ossia grammatica della lingua Logudorese paragonata all'italiana» del 1840 e «Vocabolario sardo-italiano e italiano: sardo» scritto tra il 1851 ed il 1852.
La lingua sarda trova, infatti, il suo splendore tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, soprattutto per gli studi di Giovanni Spano.
Più di un milione e mezzo di Sardi, parlano una delle lingue appartenenti ai suoi due filoni linguistici, e, dopo l'italiano, costituisce la lingua più parlata in Italia.
È del 1978 la proposta di legge di iniziativa popolare per l'introduzione in Sardegna del bilinguismo; del 1992 la «Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie»; del 1997 la legge regionale sarda n. 26 per la «Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna»; del 1999 la legge della repubblica italiana n. 482 che contiene le «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» che riconosce il diritto alla tutela, tra altre, anche della lingua sarda.
Sono oggi più attuali che mai le prospettive di ufficializzazione della lingua sarda e di un suo uso più ampio, da parte delle istituzioni sia pubbliche che private.
Nell'ambito delle iniziative per la sua ufficializzazione, la regione ha avviato due progetti, il primo denominato L.S.U., ossia Limba Sarda Unificada, ed il secondo L.S.C., ossia Limba Sarda Comuna, al fine di definire e normalizzare trascrizione e grammatica di una lingua unificata, che comprenda le caratteristiche comuni delle varianti logudorese, nuorese, e campidanese.
La Limba Sarda Unificada è una variante scritta della lingua sarda. Le sue norme sono state pubblicate nel 2001, dalla regione Autonoma della Sardegna, col titolo «Limba Sarda Unificada - Sìntesi de sas Normas de base: ortografia, fonètica, morfolozia, lèssicu».
La Limba Sarda Unificada è il risultato del lavoro di una commissione di esperti di lingua sarda consultati dalla regione, ma è fortemente basata sul Logudorese o meglio sul Nuorese, che ha trovato però una forte opposizione in Campidano, perché si ritiene non contenga le peculiarità della parlata della Sardegna meridionale.
La Limba Sarda Comuna è un'altra varietà scritta della lingua sarda, che costituisce una evoluzione rispetto alla Limba Sarda Unificada, che era stata pesantemente criticata per la sua artificialità, nonché per l'assenza di richiami alla varietà campidanese, in quanto esclusivamente basata sulla varietà del logudorese centrale.
Infatti, la Limba Sarda Comuna, sia pure basata sul logudorese e nuorese, accoglie anche elementi propri delle parlate di mediazione, utilizzate nell'area grigia di transizione tra il logudorese e il campidanese, e si pone pertanto, lessicalmente e foneticamente, come una varietà intermedia, tra le due varietà di sardo letterario.
La Limba Sarda Comuna è stata adottata, sia pure solo sperimentalmente, dalla regione Autonoma della Sardegna con la delibera regionale n. 16/14 del 18 aprile 2006, col titolo «Limba Sarda Comuna. Adozione delle norme di riferimento a carattere sperimentale per la lingua scritta in uscita dell'Amministrazione regionale», come lingua ufficiale per gli atti e i documenti emessi in uscita, con carattere quindi di ufficialità, dalla regione Sardegna, fermo restando che ha valore legale il solo testo redatto il lingua italiana.
Viene data facoltà ai cittadini di scrivere all'Ente nella propria varietà linguistica, ed è stato istituito lo sportello linguistico regionale denominato Ufitziu de Sa limba sarda.
La Limba Sarda Comuna è naturale per il 92,8 per cento, è in posizione mediana rispetto a tutti i dialetti del sardo, e può, quindi, ancora essere migliorata, per farla diventare la lingua ufficiale di tutti i Sardi.
Pillole di sardo.
In Cina hanno 5 alfabeti e alcuni sono solo ideogrammi.
Noi sardi non riusciamo a decodificarne uno.
Sarebbe meglio studiare le micro varianti sarde. E perfezionare un alfabeto di norma grafico fonetica che rappresenti tutto il sardo e tutti i sardi.
Massimiliano Rosa
Ho ben poco da aggiungere. Se non ringraziare Massimiliano del tempo dedicato a fornirci queste importanti informazioni.
Saludos
Nessun commento:
Posta un commento